Il TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 3365 del 2000
  proposto  da  De  Vitis Salvatore, rappresentato e difeso dall'avv.
  Angelo  Vantaggiato ed elettivamente domiciliato in Lecce presso il
  suo studio alla via Zanardelli n. 7;
    Contro  Universita'  degli studi di Lecce, in persona del Rettore
  pro-tempore,  rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura distrettuale
  dello  Stato  di  Lecce  presso i cui uffici domicilia ex lege; per
  l'annullamento  dell'efficacia  del  decreto  n. 2324 del 28 agosto
  2000,  con  cui  il  magnifico rettore dell'Universita' di Lecce ha
  nominato  l'odierno  ricorrente ricercatore universitario presso la
  facolta'  di  giurisprudenza  dell'Universita'  di  Lecce,  per  un
  triennio a decorrere dal 1o settembre 2000, nella parte in cui, nel
  determinare   l'intera  retribuzione,  ha  implicitamente  respinto
  l'istanza dell'odierno ricorrente di instaurazione di un rapporto a
  tempo  parziale,  con  prestazione non superiore al 50%, nonche' di
  ogni  altro atto connesso, conseguenziale e presupposto, anche allo
  stato non conosciuto e con riserva di motivi aggiunti;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di costituzione in giudizio dell'Universita' degli
  studi di Lecce;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito il relatore cons. Antonio Pasca e udito altresi' l'avvocato
  A. Vantaggiato e
    Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:

                              F a t t o

    Con il ricorso in esame, depositato in data 15 settembre 2000, il
  ricorrente impugna in parte qua il provvedimento di cui in epigrafe
  e  ne chiede l'annullamento. Il ricorrente, iscritto all'albo degli
  avvocati presso la Corte d'appello di Lecce dal 1994, a seguito del
  positivo  superamento  del  concorso  per  un  posto di ricercatore
  presso  l'Universita'  degli  studi  di  Lecce (bandito con decreto
  rettorale  del  3  agosto  1999),  e'  stato  nominato  ricercatore
  universitario  con  l'impugnato  decreto  rettorale  n. 2324 del 28
  agosto 2000.
    In  previsione di detta nomina, il ricorrente - intanto in data 8
  agosto  2000  -  aveva  prodotto  istanza per la costituzione di un
  rapporto   di   lavoro  solo  a  tempo  parziale,  con  prestazione
  lavorativa non superiore al 50%; e cio' al fine di poter conservare
  l'iscrizione all'albo e proseguire l'attivita' forense.
    Con   il  decreto  di  nomina  in  contestazione,  viceversa,  il
  ricorrente  e'  stato  nominato  ricercatore  a  tempo  pieno,  con
  conseguente   sua  incompatibilita'  immediata  in  relazione  alla
  professione  legale; il ricorrente ha giustamente qualificato detto
  atto  come  implicito  diniego  dell'istanza proposta, impugnandolo
  solo sotto tale profilo.
    Deduce i seguenti motivi di censura:
        1)  difetto  assoluto di motivazione, in relazione al diniego
  solo  implicito (e ovviamente immotivato) espresso sull'istanza per
  il rapporto part-time;
        2)  violazione e falsa applicazione del decreto-legge 2 marzo
  1987,   n. 57   convertito   in   legge  n. 158/1987  in  relazione
  all'art. 1, comma 56 ss., della legge n. 662/1996;
        3)  illegittimita'  costituzionale della norma di riferimento
  per  violazione  degli  articoli  3  e  97 della Costituzione e dei
  principi  generali  in  tema  di  rapporto  di lavoro del personale
  docente dell'universita'.
    Nella camera di consiglio del 27 settembre 2000, con ordinanza di
  questo  tribunale  n. 2330/2000 del 4 ottobre 2000 e' stata accolta
  l'istanza  cautelare  proposta  dal  ricorrente in via interinale e
  provvisoria   e  comunque  fino  alle  determinazioni  della  Corte
  costituzionale, alla quale si e' disposto trasmettersi gli atti con
  separata    ordinanza    per    l'esame    della    questione    di
  costituzionalita',  ritenuta  rilevante  ai fini del decidere e non
  manifestamente infondata.
    Alla  camera  di  consiglio  del  27 settembre 2000 il ricorso e'
  stato introitato per la decisione cautelare.

                            D i r i t t o

    Rileva preliminarmente il collegio che il ricorso proposto, al di
  la' della formale veste di giudizio impugnatorio e di legittimita',
  presenta  sostanziali  profili  di azione di accertamento implicito
  del  diritto  del  ricorrente  all'instaurazione  di un rapporto di
  lavoro a tempo parziale.
    Conseguentemente  non  risulta  significativo  l'esame  del primo
  motivo di censura, con il ricorrente deduce difetto di motivazione,
  atteso  che  il  tribunale  dovra'  pronunciarsi, anche in funzione
  conformativa, in ordine alla pretesa sostanziale.
    Appare  del  resto evidente che il formale difetto di motivazione
  non  costituisca  null'altro se non un adeguamento al chiaro tenore
  della normativa di riferimento.
    Con  il  secondo  motivo  di  censura,  il ricorrente propone una
  lettura  della  normativa tendente ad una soluzione del problema in
  via puramente interpretativa.
    Premesso  che lo stato giuridico dei ricercatori universitari era
  disciplinato   dal   decreto   del   Presidente   della  Repubblica
  n. 382/1980,  quanto  alle incompatibilita', attraverso il richiamo
  alle  norme  del T.U. 3/57, evidenzia il ricorrente che solo con la
  normativa  di  cui  al decreto legge n. 57/1987 convertito in legge
  n. 158/1987   e'   stata   successivamente   prevista   -  solo  ed
  esclusivamente    per    i    ricercatori    non    confermati    -
  l'incompatibilita'   con   l'esercizio  di  qualsivoglia  attivita'
  professionale,   attivita'   viceversa  consentita  ai  ricercatori
  confermati.
    Cio'  premesso  rileva  il ricorrente che la legge n. 662/1996 ha
  previsto la possibilita' del tempo parziale per tutti i rapporti di
  impiego   con   la   pubblica   amministrazione,   con  conseguente
  possibilita'  in  via  generale  di  esercizio  di attivita' libero
  professionale,  fatte  salve le eccezioni espressamente previste da
  norme speciali.
    Assume  dunque  il  ricorrente che la normativa di cui all'art. 1
  commi   56   ss.   della   legge   n. 662/1996  avrebbe  comportato
  l'abrogazione  espressa  della  normativa  previgente, in quanto si
  tratterebbe di norma di carattere generale e atteso che la relativa
  applicabilita'  e'  stata  esclusa  dal legislatore (commi 56 e 58)
  solo  per  determinate categorie in via di eccezione, categorie che
  risultano   espressamente   e  tassativamente  indicate  (personale
  militare,  forze  di  polizia,  corpo  dei  VV.FF.,  con riserva di
  normativa  differenziata  per  il  personale della giustizia, della
  difesa e sicurezza dello Stato, ordine e sicurezza pubblica).
    Ritiene  il  ricorrente  non  ostativa la norma di cui al comma 5
  dell'art. 2   del   decreto   legislativo  n. 29/1993  che  esclude
  personale  e  docente  universitario  dall'applicabilita' del nuovo
  regime introdotto dallo stesso decreto legislativo.
    Ritiene   il   collegio   che   la  tesi  su  esposta,  ancorche'
  suggestivamente proposta, non possa trovare accoglimento.
    La   tesi   in   questione,   infatti,  non  appare  al  collegio
  condivisibile,  attesi  -  da un lato - la tassativita' e il chiaro
  tenore della norma normativa di riferimento; dall'altro - secondo i
  principi  generali - l'inconfigurabilita' di una abrogazione tacita
  di una norma speciale ad opera di una norma generale successiva.
    Peraltro  l'interpretazione  proposta  appare in chiaro contrasto
  con   il   tenore   letterale   della  norma  (in  claris  non  fit
  interpretatio).
    Occorre  aggiungere che perche' possa pervenirsi all'applicazione
  dell'abrogazione  tacita  ex  art. 15  delle  preleggi deve potersi
  ravvisare  una  grave  ed  oggettiva  antinomia tale da non rendere
  assolutamente  compatibili  fra  loro le due disposizioni dovendosi
  quindi  immaginare  l'assenza di qualsivoglia ratio legis che possa
  aver  ispirato  un  diverso  regime  delle  incompatibilita'  per i
  ricercatori non confermati.
    Il motivo va dunque disatteso perche' infondato.
    Con  il  terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell'art. 1
  comma   58   della  legge  n. 662/1996,  che  prevede  l'automatica
  trasformazione  del  rapporto  da  tempo pieno a tempo parziale ove
  l'amministrazione non si pronunci sulla relativa richiesta entro il
  termine di 60 giorni (silenzio assenso).
    Anche  tale  motivo non e' condivisibile perche' l'applicabilita'
  del  silenzio  assenso presuppone l'applicabilita' piu' in generale
  dell'istituto  del  tempo  parziale  in  favore  di una determinata
  categoria  di dipendenti, questione che costituisce appunto il tema
  controverso.
    Tutto  cio'  premesso  e  considerato,  ritiene a questo punto il
  collegio   che  la  questione  di  costituzionalita'  proposta  dal
  ricorrente  con  il quarto motivo di censura sia non manifestamente
  infondata.
    La  sopravvivenza  del  sistema della norma di cui al comma 3 del
  decreto legge 2 marzo 1987, n. 57 convertito con legge n. 158/1987,
  in  quanto norma speciale e di settore, appare al collegio fuori di
  discussione.
    Premesso  che,  secondo  la  ratio  legis  desumibile dalla legge
  n. 662/1996  (art. 1  comma  57),  il ricercatore universitario non
  confermato  non  opera  nell'ambito  dei compiti di sicurezza dello
  Stato  ne'  involge, nella sua attivita' interessi e funzioni dello
  Stato  rientranti  tra quelle indicate nei commi 57 ss. della legge
  citata,  osserva  il collegio che effettivamente sfugge la ratio di
  un  trattamento  differenziato e deteriore riservato ai ricercatori
  universitari   non   confermati,   anche  in  considerazione  della
  eccezionalita'  di  tale  limitazione  all'accesso a tempo parziale
  rispetto  ai generali principi che regolano le incompatibilita' del
  personale    docente    dell'universita',    considerata   altresi'
  l'autonomia  delle  diverse  figure e dei relativi ruoli (anche con
  riferimento  all'accesso)  di  ricercatore, associato e ordinario e
  tenuto  infine  conto  della sostanziale omogeneita' delle funzioni
  svolte  dal  ricercatore  non  confermato  rispetto  al ricercatore
  confermato.
    Detta   limitazione   sembrerebbe  integrare  una  ingiustificata
  disparita' di trattamento e dunque una violazione dell'art. 3 della
  della  Costituzione  con riferimento alla posizione del ricercatore
  confermato ed anche con riferimento alle altre posizioni funzionali
  del    personale    docente    dell'universita';   il   trattamento
  discriminatorio riservato ai ricercatori non confermati sembrerebbe
  anche  in contrasto con i generali principi di rango costituzionale
  consacrati nell'art. 97 della Carta costituzionale.
    La  rilevanza  della questione di costituzionalita' ai fini della
  decisione  del  presente  ricorso,  disattesi  e respinti gli altri
  motivi di censura, e' di intuitiva comprensione.
    Riservata   ogni   altra   decisione,  il  giudizio  va  pertanto
  immediatamente  sospeso, in attesa delle determinazioni della Corte
  costituzionale, cui vanno rimessi gli atti.